"Metodo Bellenger" per il nuovo sindaco di Napoli. di Raf Ambrosino








Dopo le elezioni regionali per la Campania, si avvicina la tornata elettorale per il comune di Napoli, è iniziato quindi il consueto tourbillon dei candidati di questo o quel partito, di alleanze tutte da costruire e di programmi ancora tutti da scrivere. Un altro punto di discussione, in voga da qualche tempo, è quello del “metodo” da adottare per giungere, trovare accordi per costituire coalizione elettorale, una candidatura ed un programma condiviso appunto attraverso un “metodo”, una sorta di modello che richiama una precedente esperienza di governo condiviso o alleanza elettorale che sia già stata. 

E spuntano come funghi questi modelli, gli ultimi in ordine di arrivo sono il “modello Pomigliano” e il “modello Giugliano”, forieri di alleanza in primis tra Pd e M5s, insieme ai più improbabili “modello Napoli”, “modello Ruotolo” e “modello Bagnoli” che vedrebbero coinvolto anche l’uscente movimento demA, (che nel frattempo ha lanciato nella mischia la candidatura di Alessandra Clemente) per la costituzione di alleanze e nuovo candidato per la poltrona di palazzo San Giacomo.

Da questi “modelli” però, non si ricava alcuna indicazione su come dovrebbe essere amministrata la città nello specifico, quali le effettive priorità, le urgenze da affrontare subito, insomma, il messaggio dei modelli finora proposti resta più che fumoso e non comprensibile ai più, a quelli che vorrebbero una città in cui funzionino almeno i servizi essenziali e primari.

E dunque, visto che non ci vuole alcuna licenza in particolare per battezzarlo, lancerei anch’io un “modello”, uno di quelli però verificabili, confrontabili e imitabili nel concreto per avere la città che meritiamo, dopo decenni di proclami e obiettivi disattesi.

Il “modello Bellenger”, riferito alla gestione del parco di Capodimonte, è sicuramente un modello di amministrazione di un bene pubblico, come appunto è la nostra città, da assurgere come esempio di efficacia ed efficienza.

Da frequentatore assiduo del parco, luogo che ho sempre preferito per la mia più che dilettantistica sportiva all’aperto, ho potuto seguire nel tempo il costante miglioramento delle condizioni precarie ricevute in eredità dal direttore francese, che non ho il piacere di conoscere personalmente, entrato in carica nel 2016 e protagonista di un vero e verificabile “cambiamento” radicale. Il degrado del parco è un lontano ricordo.

Gli enormi spazi verdi del parco sono oggi regolamentati e manutenuti costantemente, alcuni non sono calpestabili, altri sì, in altri ancora i ragazzi possono giocare a pallone con campetti delineati e attrezzati con porte e reti. Proprio come vorremo fossero curate le aree a verde della città da appositi giardinieri comunali o ditte incaricate. Il controllo del parco e il rispetto del regolamento è delegato ad una agenzia apposita, che attraverso numerosi addetti posizionati in punti strategici, garantisce ordine e rispetto dei principi di comportamento che sono scritti ed esposti in cartelli ben visibili a tutti i visitatori. Proprio come vorremmo fossero controllate le tante zone della città dai tanti agenti di polizia municipale che pure ci sono in organico.

I tanti cestini per i rifiuti, integri e disseminati per il parco, vengono costantemente svuotati e tenuti puliti. Proprio come vorremmo fossero i cassonetti, le campane e contenitori per la raccolta differenziata della città.

I mezzi per la manutenzione che percorrono i viali sono per la gran parte elettrici e per niente inquinanti, come vorremmo fossero per niente inquinate le strade cittadine.

Bagni pubblici che erano chiusi da decenni, oggi aperti, puliti e funzionanti. Bagni pubblici che vorremmo ci fossero anche in città ma completamente spariti da decenni.

A tutta la rinnovata ed efficace gestione delle aree esterne, che ho preso ad esempio per illustrare il metodo amministrativo, va aggiunto, ovviamente, il rilancio conclamato del museo, delle rinnovate sale e tanti contenuti, merito che tutti riconoscono alla nuova direzione.

Ecco, i prossimi candidati sindaco dovrebbero venire in questo parco per studiare e osservare a fondo il “metodo Bellenger” e magari adottarlo nei princìpi. Far funzionare l’essenziale nel tempo con una instancabile manutenzione costante. Un metodo che messo in atto per la città, potrebbe dare a Napoli, finalmente, un minimo di vivibilità, di funzionamento delle cose basilari, condizione che non pregiudica i grandi progetti di riqualificazione che pure è legittimo e importante proporre e sostenere. Qualcuno potrà storcere il naso perché un francese d’oltralpe sta gestendo benissimo un bene che era anch’esso caduto da decenni nel degrado come tutta la città? Embè, non siamo forse pienamente europei? E poi, non venne addirittura un argentino per farci vincere due scudetti?

 


Commenti

  1. Una provocazione.......
    Ma purtroppo la dimensione dei problemi è di vari ordini di grandezza più grande. Il Soprintendente risponde al Ministero e non a 3,3 milioni di cittadini dell'Area Metropolitana.
    Comunque complimenti.

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  2. Faccio parte delle tante persone che pensavo che il direttore Bellenger ha rivoltato completamente il Real bosco di Capodimonte siamo nella parte amministrativa che nella parte operativa da parte delle società inerenti alla cura del parco e alla sicurezza dei visitatori
    Quindi se il "metodo bellenger" come dice raf ambrosino...venisse applicato anche nell amministrazione del comune di napoli a parere mio la città sarebbe molto più vivibile

    RispondiElimina

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