Ruolo mondiale o altro? Proviamo a indovinare per esclusione.



Con l’avvicinarsi di ogni tornata elettorale dal 2011 ad oggi, Luigi de Magistris annuncia partecipazioni, candidature, personali o di liste del suo movimento. In verità, dopo il mancato raggiungimento della soglia di sbarramento del 3% e del conseguente flop con “Rivoluzione civile”, movimento che mise in piedi insieme a Ingroia per le politiche del 2013, l’approccio è abbastanza cauto e guardingo. Restò infatti ufficialmente e sostanzialmente neutro alle europee del 2014 e alle regionali del 2015, per poi impegnarsi per la riconferma al comune di Napoli, che ottenne nel 2016.
La legge, l’articolo 51 del Testo unico degli enti locali in particolare, impone un limite massimo di due mandati consecutivi per i sindaci e quindi non c’è possibilità, per il nostro, di ricandidarsi sindaco per la prossima volta nel 2021.
Proviamo dunque a prevedere e indovinare se, dove, con chi e quando l’attuale sindaco di Napoli proverà a continuare la sua carriera politica nelle istituzioni. Provando però a fare un percorso diverso, ad esclusioni, per poi individuare in ciò che resta, le possibilità concrete. Abbiamo detto quindi che per legge non sarà sindaco di Napoli nel 2021.
Bene, visto che ha rinunciato già alle europee del prossimo 26 maggio, lasciando a piedi Varoufakis e compagni vari, di sicuro non sarà parlamentare europeo.
Dopo le europee ci saranno, nel prossimo 2020, le elezioni per la Regione Campania. De Magistris non ha assolutamente la forza di mettere in piedi una sua candidatura a presidente della Regione, tanto meno una coalizione che possa dare minimamente fastidio o che possa concorrere in qualche modo con le tre corazzate in campo: il centrodestra che deve scegliere ancora il suo candidato governatore, il centrosinistra che sicuramente riproporrà Vincenzo De Luca e il Movimento 5 Stelle, che pare orientato a candidare il ministro Costa. L’elezione è a turno unico, vince chi prende un voto in più degli altri. Arriverebbe quarto senza alcun dubbio. Quindi, di sicuro, non sarà presidente della Regione Campania.
Se si candidasse ugualmente come presidente della Regione senza vincere e nemmeno arrivare secondo, non scatterebbe nemmeno come consigliere regionale a meno che non si candidi anche in una lista di appoggio che comunque dovrebbe superare uno sbarramento del 3% per far scattare almeno un seggio in consiglio. Ma candidarsi presidente e anche in una lista di appoggio a preferenza sarebbe un’ammissione di debolezza troppo palese, diventerebbe bersaglio di troppe critiche. Il suo ego smisurato non dovrebbe consentirgli di sopporterebbe tale situazione. Va detto che tale scelta comporterebbe lo scioglimento del consiglio comunale di Napoli e quindi la fine anticipata di un anno dell’amministrazione. E siccome ha ultimamente dichiarato che resterà sindaco fino al 2021, possiamo affermare che non sarà consigliere regionale della Campania.
Se non ci saranno elezioni anticipate per il parlamento nazionale prima delle elezioni comunali a Napoli del 2021, potrebbe decidere di rimettere in piedi la coalizione più o meno allargata del 2011 e del 2016 e scegliere un candidato/a sindaco da presentare come prosecuzione della sua azione politica e amministrativa, il sistema elettorale a doppio turno darebbe possibilità alla coalizione di vincere ancora una volta, contando sui soliti appoggi ad un eventuale secondo turno di ballottaggio. Ed è qui che potrebbe decidere di candidarsi, per tirare la volata, come consigliere comunale a capo di una lista a suo nome con la prospettiva, in caso di vittoria, di svolgere il ruolo di presidente del consiglio comunale. La ricetta demagogica di questa scelta ci sarebbe tutta: continuare la rivoluzione candidandosi umilmente al ruolo di consigliere, metterci la faccia, il consigliere di strada, per Napoli, per continuare le battaglie etc. etc. In caso di sconfitta resterebbe come semplice consigliere comunale per difendere la città etc. etc.
Quindi, potrebbe essere consigliere e/o presidente del consiglio comunale oppure vicesindaco. Resterebbe così sulla scena politico mediatica fino alle successive elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale, la cui scadenza naturale cade dopo due anni, nel 2023. E lì, sicuramente, potrà candidarsi, per un seggio alla Camera o al Senato, in una coalizione di centrosinistra o anche in un partito che corra da solo, tipo “liberi e eguali” del 2018, che riesca a superare lo sbarramento di almeno il 3%. Quindi potrebbe essere deputato o senatore alla prossima occasione.
Da qui al ruolo mondiale che si era auto assegnato qualche tempo fa, ce ne passa. Magari si accontenta.
E chest’è.

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